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AMARO MONTENEGRO Sul finir dell’Ottocento,
nei bar sotto i portici del centro di Bologna, si fantastica di viaggi epici, di volo e di ve- locità. Lo sguardo si al- larga oltre la provincia: la scoperta di paesi esotici, i nuovi scambi commerciali, la smania di libertà e di progres- so. E’ in questo contesto
che nasce Amaro Montenegro, la realizzazione di un ideale che il suo creatore ha maturato dopo aver viag- giato e sperimentato con enorme spirito di avventura. Definito il genio ribelle, Stanislao Cobianchi nasce nel 1862. Giovane orgoglioso e appassionato alchi- mista, si allontana dall’educazione religiosa imposta- gli dalla famiglia che lo vuole prete e, seguendo il suo istinto, si imbarca, ancora adolescente, su una nave mercantile in cerca di avventura. La scoperta di insolite specialità botaniche lo folgora e, tornato in Italia, decide di dedicarsi alla preparazione di li- quori ed elisir. Nel 1885, dopo 4 anni di rigorosi esperimenti, formula Amaro Montenegro e fonda la Cobianchi Stanislao Distilleria a vapore. Il battesimo del nuovo Amaro nasce nel 1885 con il nome di Eli- sir Lungavita e ottiene subito notevoli riconoscimenti. Soltanto undici anni dopo, in occasione del matri- monio dell’affascinante principessa Elena del Monte- negro con il principe Vittorio Emanuele III, Stanislao decide di dedicare il suo elisir a quella regale figura cambiando quindi il nome in Amaro Montenegro. De- sidera realizzare una bottiglia inconfondibile quanto l’elisir che contiene, perciò disegna un’ampolla, evocativa di una pozione, il risultato di un’alchimia che ben si addice alla sua formula complessa. Da subito questa forma diventa un’icona distintiva, es- tremamente cara ai suoi estimatori, che resterà sos- tanzialmente immutata nel corso dei decenni a venire. In poco tempo Amaro Montenegro si diffonde in tutta Europa. Le prime Esposizioni Universali ne decretano il successo, e man mano che si aggiungono le onor- ificenze, la sua etichetta si arricchisce di medaglie: Bruxelles nel 1898, e in seguito Amburgo, Praga, Napoli, Marsiglia, Milano e Amsterdam. Anche in patria cresce la reputazione di Amaro Montenegro: è Gabriele D’Annunzio, nel 1921, a definirlo il liquore delle virtudi. La ricetta di Amaro Montenegro prevede l’utilizzo di 40 erbe aromatiche e un complesso pro- cedimento di estrazione e miscelazione che rendono il prodotto unico e inimitabile. Proprio per proteggere la ricetta dalle imitazioni, il fondatore Stanislao Cobi- anchi scelse di conservare l’originale, trascritto di suo pugno, in cassaforte.
  IL PIGNOLETTO
DEI COLLI
BOLOGNESI
Il Pignoletto è il vino simbolo dei Colli Bolognesi, il bianco frizzante che è riuscito a dare una definizione di questo territorio per certi versi così affascinante e selvag- gio, ma per altri così confuso e frammentato, preda dei vitigni cosiddetti internazionali.Non che i Cabernet ven- gano male da queste parti, ma un ritorno agli autoctoni è sempre gradito. Il Pignoletto è un vitigno antico, già conosciuto dai Romani: Plinio il Vecchio nella sua Natu- ralis Historia ci svela l’etimologia del nome, che sarebbe Pino Lieto. Ma al tempo stesso lo liquida in poche parole, come vino non abbastanza dolce per essere buono; ricor- diamoci però che i Romani mescolavano spezie e miele al vino e adoravano letteralmente i vini zuccherini, cosa che il Pignoletto non è, essendo fresco, sottile e floreale. Un’altra ipotesi vuole che il nome Pignoletto provenga da pigna, considerata la forma di pigna del grappolo. Il Pignoletto è quasi sempre prodotto in purezza, anche per- ché, da disciplinare, non può possedere in sè meno dell’ 85% di uve Pignoletto. Le zone dove viene coltivato sono quelle dei Colli Bolognesi e il comune modenese di Savi- gnano sul Panaro. Altre zone di produzione interessanti e affermate da tempo sono i Colli di Imola e i Colli di Ri- mini, dove il Pignoletto prende il nome di Rebola.L’influsso del mare aiuta molto, conferendo sapidità e profumi io- dati ad un vitigno già di per sé molto aromatico. Da provare le splendide bottiglie di Rebola in versione pas- sito, a dir poco strepitose e assenti nel Bolognese. Il Pi- gnoletto dà origine a vini piacevoli, vivaci e leggeri, dal colore paglierino con screziature verdognole e spesso si trova anche in versione frizzante o spumante. È il classico vino conviviale, perfetto per accompagnare il pesce o un tagliere di salumi e crescentine.
Non aspettatevi vini complessi o profondi, ma piuttosto vini sottili, molto freschi e beverini. Al naso offre una raffinata sinfonia di pesca bianca, pompelmo, ze- nzero, pepe bianco, mughetto, gelsomino, glicine, camomilla, cedro, fieno ed erba, ananas e basilico. Al palato si mostra sottile, percorso da una vena af- filata e fresca, sapido con tocchi di gesso. Finale di mandorle e agrumi. Per un perfetto bever- age, servite il vino ad una tem- peratura di 8-10 gradi, in calici aperti, dove si possa sviluppare tutta la sua carica aromatica. Per i vini più complessi e strutturati potete portate invece la tempera- tura a poco più su, attorno ai 10- 12 gradi.
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