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PATATA DOP
La prima notizia certa riguardante la presenza della patata a Bologna risale a poco dopo la metà del Seicento, fra le piante dell’orto botani- co. Tra il ‘600 e il ‘700 cominciò a diffondersi anche nelle campagne. Nel 1773 viene pubblicato dal Bignami un trattato degli esperimenti agronomici sulla patata. Questo rappresenta una testimonianza fonda- mentale per lo studio della pataticoltura bolognese. Il Bignami indica anche l’attitudine alla panificazione: “per gli uomini se ne fa ottimo pane con metà di farina di frumento”. Le particolari caratteristiche del suolo descritte nell’opera di Giovanni Contri «istruzione agli agricoltori della Provincia di Bologna sul coltivamento e gli usi de’ Pomi di Terra» del 1817 indicava già come la patata prediliga i ‘fondi bassi già liberati dalle acque ed alzati dalle alluvioni dei fiumi’, ovvero i terreni di bonifica tipici del bolognese, con buon drenaggio naturale di com- posizione argillosa o di medio impasto. Con una circolare del 1817 il Cardinale Opizzoni, a seguito della crisi cerealicola del 1816 che aveva portato denutrizione a spanne nella popolazione di Bologna, sollecitava i parroci a leggere e a diffondere tra i fedeli un’istruzione agli agricoltori della provincia di Bologna sul coltivamento e gli usi del pomo di terra, opuscoletto che il professor Contri (successore di Filippo Re alla cattedra di agricoltura dell’Università felsinea) aveva scritto su invito del Cardinale stesso. Nel 1955 la Primura si afferma come va- rietà ideale diventando in futuro la patata simbolo di Bologna. Le sue caratteristiche peculiari sono la costante resa produttiva, la resistenza alle gelate tardive, la buona e prolungata conservabilità, la versatilità per gli usi in cucina ricercata da chi desidera un prodotto di alta qualità e di ottimo gusto, privo di retrogusti e di muffe, (come invece si verifica in altre provincie), coltivate in terreni scuri e con cattivo drenaggio. Per queste sue peculiarità, irripetibili in altre varietà, la patata di Bologna è sempre più apprezzata dalla ristorazione collettiva.
La ricetta
PATATE AL FORNO CON TARTUFI
In dialetto: Pataghein al foren con la tartofla.
Si prepara nella zona dell’Appennino emiliano, alta Valle del Reno. È un piatto unico, a cui può seguire una bella insalata. Meglio prepararlo nel tardo au- tunno e in inverno, quando si trovano i tartufi. Difficoltà: media
Ingredienti: 1,5 kg di patate preferibilmente di grossezza uguale, 100 g di mortadella affetta- ta,150 g di parmigiano grattugiato, 2 mozzarelle, un po’ di latte, burro, olio per ungere la teglia, sale, tre piccoli tartufi del diametro di 2 cm. circa. Dosi per 6 persone.
Preparazione: lessate le patate, sbucciatele e las- ciatele raffreddare. Tagliatele a fette e fatene uno strato in una teglia unta d’olio, salatele, aggiungete alcuni fiocchetti di burro e sistematevi sopra alcune fettine di mozzarella, un tartufo a fettine e un poco di latte qua e là (circa 3 cucchiai). Coprite quindi con fette di mortadella. Ricominciate gli strati, fino ad es- aurimento degli ingredienti. Passate la teglia in forno già caldo, a 220°, per 40 minuti circa, finche’ la superficie non sarà dorata. Attenzione: non mettete la mortadella e le fettine di tartufo sull’ultimo strato, altrimenti si seccano e perdono il loro profumo. Note: se non si ha a disposizione il tartufo, sostituirlo con un po’ di noce moscata grattugiata, il sapore cambia, ma il piatto risulta gustoso ugualmente.
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