Page 43 - SAGRE E BORGHI MODENA 2020
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IL BORLENGO
Gusto unico e friabile di un piatto “povero e antico”
Il BORLENGO è una specie di crêpe molto sottile e croccante preparata a partire da un impasto liquido estremamente semplice (è un tipico cibo povero), a base di acqua, farina, sale, olio e uova: questo im- pasto è detto colla. La cottura avviene con l’utilizzo di grandi padelle piatte posizionate sul fuoco.
Il ripieno tradizionale, detto “cunza”, consiste in un battuto di lardo, aglio e rosmarino, oltre ad una spolverata di Parmigiano Reggiano. Il borlengo si serve molto caldo e ripiegato in quattro parti.
Si tratta di un cibo che fa parte della cultura e della tradizione della valle del Panaro; risale a periodi antichi e si inserisce in quel panorama di pani con- osciuti fino dalla preistoria.
La tradizione orale tramanda che è un cibo per tradizione carnevalesco, cucinato nel periodo che dall’Epifania conduce al martedì grasso.
Il termine borlengo, nella versione dialettale detto “burlang” o “burleng” deriva probabilmente da “bur- la”. In alcune denominazioni è chiamato anche “ber- lengo” e “berlingaccio” era il nome con cui veniva denominato il carnevale in epoche medievali. Il bor- lengo è stato da sempre considerato un cibo povero. Viene chiamato anche ZAMPANELLA nella zona di Fanano.
Il CIACIO, a vederlo, sembra un incrocio tra una piadina e una crêpe: una piadina perché è ton- deggiante, croccante, ma non troppo, e una crêpe perché può essere sia dolce che salto.
Come ogni piatto anche il ciacio necessita la propria metodologia e i propri strumenti di preparazione; esso ha le sue particolarità nel modo e negli arnesi che si adoperano per cucinarlo.
Questo alimento si prepara impastando in una cioto- la della farina (di grano o di castagne, quest’ultima molto più usata una volta perché più abbondante), dell’olio, del sale (in quello di castagne no perché le castagne danno al ciacio un gusto dolce che il sale rovinerebbe del tutto) e dell’acqua. I compo- nenti vengono mescolati fino ad ottenere una “colla” omogenea e senza grumi. La cottura è la parte più interessante perché vengono utilizzate delle padelle speciali chiamate “cottole”. Bisogna riscaldarle tutte e due sul fuoco, posizionare una cucchiaiata abbon- dante dell’impasto al centro di una delle due, poi posizionare l’altra sopra la prima e schiacciare per- ché il composto si appiattisca (ma non troppo). Dopo qualche minuto uscirà dalle cottole un ciacio pronto per essere condito con il pesto montanaro (come vuole la tradizione) o con prosciutto o formaggio. Il ciacio di castagne dal colore marroncino tipico del frutto ha una sapore dolce che si presta bene ad es-
sere consumato con ricotta e miele.
Il ciacio insieme al borlengo e alle crescentine cotte nelle tigelle è uno dei piatti antichi che caratterizza il patrimonio culinario montanaro di quella parte di Emilia che si trova tra la collina, la montagna, tra Modena e Bologna.
Dal sito del Museo del Castagno e del Borlengo
A Zocca, in via San Giacomo 724, c’è il Museo del Ca- stagno e del Borlengo, il luogo ideale per avere tutte le informazioni e soddisfare le curiosità riguardo al bor- lengo, al ciacio e alle altre specialità dell’Appennino modenese. Info: 340-0985612
Via Aldrovandi, 5 www.salumeriabeltrami.it
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