Page 24 - SAGRE E BORGHI MODENA 2020
P. 24
Che sia DOP o IGP, un tesoro Balsamico
Alla scoperta delle differenze e dei tratti in comune dei due Balsamici modenesi
Le sue origini risalgono agli antichi romani, i primi ad utilizzare il mosto d’uva cotto come medicinale, dolcificante e condimento per la carne. Le prime tracce di un “aceto perfettissimo” nei territori emiliani risalgono al 1046, quando, come racconta nei propri scritti il monaco benedettino Donizone, l’Imperatore Enrico III ricevette in dono da Boni- facio di Canossa, padre di Matilde, un vasello del prezioso liquido. Le prime acetaie della corte Estense a Modena nascono nel 1289, ma è dal 1747 che alla corte du- cale l’aggettivo “balsamico” si lega indissolubilmente al prezioso liquido e al nome di Modena, dove ancora oggi continua la produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e dell’Aceto Balsamico di Modena IGP.
È solo nel corso del XIX° secolo che le ricette dei due prodotti, e le differenze tra essi, vengono codificate, a partire dagli scritti del Conte Giorgio Gallesio e in seguito con le lettere dell’avvocato Francesco Aggazzotti, che per la prima volta mette nero su bianco il procedimento ancora oggi seguito per la produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP.
Quando si parla di “Balsamico” occorre però sempre iniziare da una distinzione molto importante: quella fra Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e Aceto Bal- samico di Modena IGP. Due diversi disciplinari di produzione, due metodi produttivi differenti, seppur frutto della tradizione di un territorio unico, che restituiscono risultati finali distinti nell’aroma, nella densità, nei sapori e non solo.
ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA DOP
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop si ottiene esclusivamente da mosti d’uva provenienti da vitigni coltivati nei territori della provincia di Modena come Lam- brusco, Ancellotta, Trebbiano, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino. Successivamente alla vendemmia e alla pigiatura dell’uva, si procede con la cottura del mosto. Il mosto viene poi sottoposto a cottura fino ad ottenere concentrazione, sapore e profumo ottimali secondo il produttore. Il mosto cotto viene quindi lasciato raffreddare e successivamente inserito nella botte madre, o badessa, dove subisce un processo di fermentazione e acetificazione; verrà utilizzato l’anno successivo per i rincalzi alle batterie, cioè per compensare le perdite dovute alla evaporazione e ai prelievi annuali. La batteria è il modulo produttivo utilizzato nella produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, formato da un numero variabile, in base alle scelte del produttore, di botticelle di dimensione decrescente.
Ogni anno si procede alla pratica dei “rincalzi e travasi”: partendo dalla botte più pic- cola della batteria la si riporta a livello con la necessaria quantità di aceto prelevato dalla seconda botticella, poi si riporta a livello la seconda con l’aceto della terza, e così via (da qui i “travasi”) fino all’ultima botte, nella quale si fa il “rincalzo” con mosto cotto preso dalla botte madre. Grazie a queste operazioni annuali, il prodotto conte- nuto nella batteria giunge progressivamente a maturazione.
Dal momento in cui la batteria entra in attività, si dovrà attendere non meno di dodici anni per effettuare il primo prelievo (aliquota annuale) di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena affinato dalla botticella più piccola della batteria (e solo dopo 25 anni di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Extravecchio). Il prodotto viene poi sottoposto ad attento esame organolettico dal panel di assaggiatori esperti e, se approvato, im-
22
Modena Sagre e Borghi